domenica 30 gennaio 2011

Lettera da un caro amico.

Ho chiesto ad alcune persone un parere su quello che scrivo qui, sulle impressioni del mio Pellegrinaggio, e oggi una risposta mi ha commosso.

Probabilmente per il passato lontano che mi lega a chi mi scrive, un passato di ragionamenti e valutazioni che hanno il sapore di verità fino al momento in cui si trova una nuova realtà. Che tuttora conservano un fascino indimenticabile.

Ripropongo qui un passaggio della mail che materializza i miei pensieri con le giuste parole.


"La tua storia mi ricorda quella di Siddartha o quella di "Into the wild": è la storia di una ricerca che forse non arriverà ad una destinazione, ma che brinda alla quotidiana benedizione di una libertà che è in atto."FF

Ps: chi passa può lasciare un commento o scrivermi una email con le sue impressioni, sarà una piccola ricompensa al mio tempo dedicato per descrivere quello che mi accade, non voglio solo belle parole, voglio pensieri onesti e reali.
Grazie a tutti i lettori del blog.K

Le gambe cedono a causa dei pensieri

Ma resisto e non mollo... Mai...

Ore ventidue e zerootto del ventinove gennaio duemilaundici

Oggi è stata una giornata che nel pomeriggio è tramontata in un pò di infelicità, nel cuore e nell'anima, inizio con riportare una risposta che ho dato su facebook a chi si è preoccupato del mio mood.

Viaggiare con gli occhi puntanti in basso, non verso l'asfalto ma nel basso della società non è sempre facile, le storie sono vere, difficili, la curiosità non mi lascia nemmeno un'angolo inesplorato, dove le mie gambe riescono ad arrivare portano i miei occhi e le mie orecchie... soprattutto per un kucciolo allevato in occidente è difficile osservare tutte insieme le disgrazie di quelli che io considero lontani fratelli. Nulla di grave la notte mi riporterà con un favoloso sogno tutte le forze.k

Phnom Penh la capitale della Cambogia è turistica e al contempo molto povera, questo rende impressionante ogni passo in questa città, ci sono molti mendicanti e vicino ai palazzi si vedono baraccopoli dove è anche difficile immaginare le condizioni di vita della popolazione li compressa, sicuramente stanno meglio nei villaggi rurali dove anche se non hanno le comodità possono godere di una natura incontaminata intorno a loro.


Qui tutto intorno è smog e caos.

Ieri sera con un ragazzo Cambogiano che guida un Tuk Tuk abbiamo parlato un pò delle problematiche del paese bevendo una birra al Puddi Race, abbiamo chiesto di visitare varie situazioni per portare alla luce immagini difficili della città, ma alcune delle nostre scelte sono state scartate per la pericolosità della "missione", credo che per affrontare alcune tematiche come la pedofilia e l'abuso di donne nei sobborghi adiacenti alla città ci voglia tempo e progettualità.

Decidiamo quindi di prendere "riccardo" come nostra guida e questa mattina ci è venuto a prendere, prima tappa un ospedale che si occupa anche di protesi per le vittime delle mine antiuomo, arriviamo nel centro e non ce la sentiamo di scattare fotografie ma vogliamo comunque parlare con un responsabile e ci accompagnano in una stanza, forse quella dei raggi, è tutto sporco e molto incasinato, nel cortile è pieno di persone che hanno bisogno di supporto con diverse problematiche, la sala d'attesa che è sotto un porticato sembra un'altra porta verso l'inferno, ma le persone qui sembrano attendere con pazienza il l'aiuto di qualcuno.

Entriamo nella struttura e parliamo con un medico che ci comunica che siccome è sabato non c'è nessuno dell'amministrazione che può spiegarci cosa succede, ci congediamo e facciamo un giro in autonomia all'interno dell'ospedale, passando per una camerata, comprendo quanto inutili e superflue siano le lamentele di tutte le persone che conosco, probabilmente anche le mie, "come si mangia male in ospedale"...

Qui è tutti molto precario, c'è solo un'infermiera e nessun dottore, le stanze dei degenti sono sporche e fatiscenti, i letti assi di legno e nulla decora il luogo, superiamo le camerate e cerchiamo qualcuno che parla inglese, nessuno ci risponde, le problematiche sono svariate e rimangono qui senza descrizione, solo un commento, difficile è la vita per chi attraversa questi luoghi.






Salutiamo rispettosamente e ci congediamo.

Chiediamo di vedere una moschea, cercando di vedere chi sta peggio mi incuriosisce come vien affrontato l'islam che è abbracciato dal 5percento della popolazione cambogiana, la nostra guida che non è molto preparata, ci porta comunque in una moschea, però forse è abbandonata, la visitiamo e scattiamo qualche foto, nel retro trovo una gabbia in legno con delle pecore all'interno, qualcuno passa di qui..

Poi usciamo e ci infiliamo in una via che porta nelle baraccopoli, procediamo con cautela, la guida dice che di giorno non è pericoloso ma di stare attenti alle macchine fotografiche, quindi è pericoloso, luogo privo di turisti, ci guardano tutti con sospetto ma non ci facciamo intimorire e proseguiamo con sorrisi e inchini a mani giunte come prevede l'usanza locale.

Procedendo mi imbatto in un piccolo ambulatorio medico e chiedo al gestore quanto sia difficile e lui mi chiede le mie origini, mi dice poi che sa di molti italiani che studiano in francia e sono più bravi dei francesi, ignoro la sua fonte e attendo la risposta alla mia domanda, annuisce, come immaginavo non è semplice, ma il suo volto è sereno, salutiamo e proseguiamo.

Avanziamo fino ad un incrocio ma forse non è il caso di entrare senza nessuno che possa tradurre le nostre intenzioni e quindi facciamo retromarcia fino al nostro tuktuk, ripartiamo in direzione di una fabbrica che produce scarpe, io venendo con il bus avevo visto l'uscita delle dipendenti da una factory che si trova sulla strada all'ingresso della capitale, una vista impressionante, migliaia di donne che defluivano dalla enorme azienda.

Qui, come in altri paesi come india, thailandia, laos e cina, le donne vengono chiamate a lavorare per società terziste che producono i maggiori capi di abbigliamento che arrivano in europa e in america, le donne vengono attratte nelle città con la promessa di un lavoro e vengono assunte con un salario che varia dai cinquanta ai settanta dollari mensili , il problema è che con quei soldi riescono a malapena a vivere nella città, quindi vengono poi costrette a cercare un secondo lavoro e il degrado offre loro posti nei bordelli attorno alla città.

Arriviamo davanti alla prima ditta e, sapendo già la risposta, proviamo a chiedere se ci fanno entrare, la nostra guida spiega che siamo solo turisti e vorremmo vedere la produzione perchè curiosi, chiudono i cancelli e ci allontanano, nella seconda chiamano con la radio anche una guardia della prima, decidiamo allora di aspettare l'uscita delle ragazze e beviamo una bibita in un bar di fronte.

Quando manca poco all'uscita ci prepariamo con tre macchine fotografiche per riprendere l'evento, le guardia ci notano e ci intimano di allontanarci, ma noi resistiamo, siamo distanti e facciamo preparare il nostro tuktuk in via di fuga, da li a poco iniziano ad avvicinarsi molti venditori di cibo all'uscita della ditta, la nostra guida ci spiega che non è una factory grossa e che non tutte le ragazze smettono di lavorare per il pranzo, noi non ci muoviamo dalle nostre postazioni, organizzati, io video, massimo immagini ampie e lorenzo strette. Iniziano ad uscire alla spicciolata le prime ragazze, vengono perquisite singolarmente all'uscita e un crescendo crea un fiume di ragazze che dura circa sei minuti, vediamo alcune figure muoversi attorno a noi, decidiamo che è il momento di andare via, saliamo sul nostro mezzo di trasporto e incrocio due ragazze, chiedo loro l'eta, si guardano in giro e dicono diciotto, non sono certo che tutte siano maggiorenni, salutiamo e andiamo via...



Torniamo in Hotel e io vado a mangiare al ristorante indiano, poi con lorenzo faccio un giro per mercati, molto più stretti e particolari di quelli vietnamiti, solite carni in putrfazione e odori forti che non ti lasciano modo di dimenticare questi luoghi.

Torniamo in hotel e io ripenso a tutto quello che ho visto... faccio il biglietto per Bangkok, fra due giorni vado via, quello che ho visto mi è bastato anche se spero di ripassare per ogni luogo.

Devo solo finire il lavoro con antonio per passare a lui le foto e visitare il progetto della scuola di ballo HipHop, poi si viaggia verso Chiang Mai per raggiungere i ragazzi che partono questa notte e festeggiare insieme il Tet ( capodanno cinese ).

k

sabato 29 gennaio 2011

Visita ai progetti intervita ( Battambang )


PRIMO GIORNO : Ore Dodici e Ventisei del Ventisette Gennaio Duemilaundici


Sono all'interno dell'ufficio di Komar Rikreay il centro dove viene sviluppato il progetto che sto visitando oggi con Antonio, abbiamo appena finito di mangiare con la direttrice del centro che ci ha invitato, ci hanno preparato un sacco di cose, ma come al solito io mangio poco visto che qui in ogni piatto ci mettono o la carne o il pesce, il riso non manca mai, quindi la pancia la riempio sempre, questa volta ho potuto abbinare del Pampink cucinato da una delle case del progetto.

Questa mattina siamo arrivati alle otto e Antonio dopo avermi spiegato due cose e presentato ai responsabili del centro è andato in ufficio a fare il suo lavoro, una revisione e controllo dei conti del progetto che intervita finanzia, il progetto è costituito dal supporto per i bambini vittime della tratta degli esseri umani, tratta che può essere intesa come spostamento politico, carcerario, per motivi di prostituzione o problematiche di alcol e droga dei genitori.

Soprattuto in questo periodo i bambini di questo centro sono figli di persone che hanno avuto problemi di questo tipo, alcuni che vivono in Thailandia o altrove, in alcuni casi, come quello che mi hanno spiegato e supportato da un progetto di quattro ong locali che si occupano di andare alla frontiera a prendere i bambini che vengono consegnati a loro dalla polizia perché i genitori o sono spariti, o incarcerati o comunque non possono più provvedere al sostentamento dei propri figli.




Inizio il giro delle foto, la direttrice mi chiede se poi possono usare le foto da far vedere ad investitori e possibili donatori, quindi cerco di fare tutte le foto necessarie iniziando dalle strutture, creando un servizio completo.

Poi passo all'orto, ai maiali, alla coltivazione di Funghi e in fine alle case dove vivono i ragazzi, sono strutture molto carine a due piani fatte in legno, scatto foto qui e la cercando di immaginare una vita qui dentro da bambino e mi accorgo che sotto ad una baracca ci sono alcuni bambini che giocano.

I bambini mi sembrano come al solito felici ed in questo caso mi sembrano ben supportati dalle persone che fanno qui assistenza, ci sono cinquantacinque bambini in totale, ventisei provengono dalla tratta di esseri umani e ventinove dalla strada.

Decido di avvicinarmi e di fare qualche foto ed in poco tempo sono circondato, gli piace farsi fotografare e si mettono in posa, poi come a tutti i bambini che ho incontrato fino ad oggi, gli piace rivedersi nel display della macchina foto… Sono gasatissimi, mi alzo e cerco di continuare la miavisita e i bambini iniziano a correre nella mia direzione, e purtroppo una bambina cade sulla ghiaia, per fortuna nulla di grave, la aiuto ad alzarsi e arriva una volontaria che la convince che non si è fatta nulla, poi la accompagno nella libreria, dove stanno facendo le vaccinazioni ai bambini, scatto anche qui qualche foto, vorrei provare a non alzare troppo gli iso ( sensibilità della macchina fotografica ) per non sgranare troppo le foto ma la luce è poca, in ogni caso qualche foto esce e soprattutto riesco a raccontare anche questa piccola magia per questi ragazzi.

Esco, altra passeggiata verso il campo da calcio, scatto qualche foto.

Mi raggiunge Antonio per fare un giro nelle case dove sono ospitati altri bambini, altra parte interessante di questo progetto, i bambini che sono stati ospiti di Komar Rikreay vengono affidati ad una donna sola o con problemi economici che abbia una casa, in questo caso è una coppia in cui il marito ha l'alzaimer e problemi per cui necessita di fare fisioterapia.

La casa che ospita la prima FamilyHouse che visitiamo
 In questa casa ci sono sei bambini affidati di diverse età, entriamo anche all'interno della casa per fare alcune foto, ma ad ogni scatto mi sembra di rubare un pezzo di privacy di queste persone, procediamo con una foto di gruppo, anche perché una ragazza francese dell'associazione Komar Rikreay Association mi ha chiesto se dopo gli lascio le foto che gli servono per una campagna stampa.

Non resisto dal fotografare il cane di casa :-)
Questa è la situazione che mi sembra più efficace, con un supporto di due dollari giornalieri per bambino ( non sono sicuro della cifra ) si aiuta la donna che è in difficoltà e si da la possibilità ai bambini di vivere in una casa, andranno nella scuola pubblica e hanno la presenza di una "madre" che li bacchetta quando necessario e che gli vuole bene, è una sussistenza reciproca, un buon esempio di umanità, come dicevo nel precedente testo, un esempio di società civile che coopera con un supporto di ong locali e sostenitori esteri come Intervita.

Ripartiamo con la macchina che ci porta in giro, io e Antonio siamo seduni nel cassone del pick-up e antonio continua a raccontarmi storie di questo paese, di progetti presenti, futuri e soprattutto passati dei vari stati dove lui ha prestato servizio presso grosse ONG, scatto qualche foto ai bambini, alle strade e a quello che attira la mia attenzione.

Siamo tornati all'ufficio e ho scritto questo testo, purtroppo non c'è connessione e non riesco ad impaginare il blog inserendo anche le foto, ora mi metto a sistemare gli scatti anche in vista della consegna per il centro e per l'associazione.

Sono un pò stanco o forse è solo iniziata la digestione, vorrei un'amaca, ora vedo se la trovo o magari mi butto sul cassone del pick-up a riposare in attesa di ripartire per visitare nel pomeriggio le Foster-Family.

Nel pomeriggio partiamo per andare a fare una visita in una discarica non distante da qui, in Cambogia come in altri paesi in difficoltà, le discariche sono abitate da famiglie che non hanno più nulla e che cercano nei rifiuti cose da vendere, separano plastica, cartone e altro per poi rivenderlo a cifre irrisorie a consorzi che penso procedano al riciclaggio, partiamo e come al solito io salto nel cassone del PickUp, siamo in una zona pianeggiante contornata di campi per la coltivazione del riso e si nota già da lontano la discarica, scatto qualche foto e ci avviciniamo.


Arrivati sul posto scendiamo e chiediamo subito se è possibile fare qualche scatto, la situazione è abbastanza difficile da raccontare, ci sono un pò di persone in mezzo alla spazzatura che cercano di dividerla pescando con un rampino di ferro quello che selezionano, ci sono bambini e donne incinte, ci sono baracca in mezzo alla spazzatura e un piccolo santuario, mi avvicino e osservando il terreno mi accorgo di essere sopra ad una montagna di rifiuti ospedalieri, siringhe, flebo, bocce di medicinali, mi volto ed osservo i bambini, che scalzi passeggiano come in un parco giochi, la situazione è triste, nulla lascia spazio a pensieri positivi qui.




Scatto qualche foto e cerco di comprendere lo stato d'animo di queste persone ma è impossibile.

Il personale in camicia responsabile del progetto della discarica ci spiega che viene diviso tutto e poi smistato, soprattutto dividono la frazione umida, anche con raccolte speciali nei mercati e da questo ne ricavano un fertilizante. Nel centro c'è anche una struttura che, a detta dei responsabili, ospita i bambini delle famiglie che lavorano qui, ma alcuni bambini sono comunque in giro a seguito della madre, soprattutto mi colpisce una donna che ha in braccio un piccolo bambino nudo e due la seguono in continuazione.

Questo è il luogo più difficile visitato fino ad ora, nessun tipo di sicurezza, nessuna protezione, un luogo forse simile all'inferno.

Riprendiamo il pickup e questa volta mi siedo all'interno, nel cassone viene buttato un sacco di fertilizzante qui prodotto dato in omaggio alla direttrice di Komar Rikreay per provarlo nei loro orti, non sono certo della bontà del suo contenuto.

Torniamo al centro e Antonio ha ancora da lavorare con la direttrice, io decido di fare un'altro giro di foto, ora la luce del sole ha un taglio migliore, scatto qualche foto, gioco con i bimbi, parlo con la ragazza della associazione e poi partiamo per tornare in Hotel.

Per distendere un pò i pensieri colgo l'opportunità della presenza di una grossa piscina, faccio un tuffo e nuoto avanti e indietro cercando di stancarmi per dormire senza pensare troppo questa notte, poi doccia e si va a mangiare.

Rientrato in hotel ho sistemato le foto, ripensando ad ogni scatto alle difficoltà della ong locali per mantenere il supporto e le differenze con il mondo in cui vivo in occidente.

Spengo l'aria condizionata e mi addormento, domani sveglia presto.

SECONDO GIORNO: ore quattro e cinquanta minuti del ventotto gennaio duemilaundici

Mi sveglio di colpo, mi guardo in giro e non ho fatto ancora la valigia, oggi dobbiamo lasciare l'hotel, decido di alzarmi, doccia e sistemo la valigia, poi procedo alla sistemazione di qualche foto e dei testi che si allungano e che non riesco a pubblicare.

Ore sette e mezza, colazione con Antonio, ci abbuffiamo perchè è in previsione di saltare il pranzo, poi arrivano a prenderci con il solito pickup, saltiamo dentro e ci rechiamo al centro, questa mattina antonio è impegnato con il suo lavoro, quindi parto io con la ragazza francese della associazione e un responsabile del centro e ci rechiamo a visitare le Foster Family, situazione simile alle case viste ieri, ma in questo caso la sistemazione è un pò più stabile, i ragazzi sono meno, due o tre per famiglia e la modalità di affido è simile ad un'adozione ma con alcuni limiti, non entro nel dettaglio ma visito le "case", baracche con il tetto in acciaio alla periferia della città, dentro sono ben tenute, una stanza grande al centro che funge da soggiorno e camera da letto, nel retro della casa la cucina fatta di pietre e di un fuoco nell'angolo dove si cucinano le pietanze, i bagni sono gabbiotti in ferro dietro la casa.
Come nella maggior parte delle case qui non c'è acqua corrente e in questo caso non c'è nemmeno l'elettricità, la vita non è facile qui, ma i bambini sembrano comunque felici, scattiamo qualche foto e poi salutiamo saltando sul cassone del pickup e due bambini vengono con noi per un passaggio alla scuola.

Rientriamo al centro e io termino la divisione delle foto, ma si è fatto tardi e la direttrice insiste per portarci a mangiare, ristorante vegetariano per non sbagliare qui si mangia tutti, io devo finire la copia delle foto e quindi salto sul cassone del pickup con il mio zaino e il portatile in mano che sta convertendo le foto, mentre viaggiamo giro questo video e finisco il mio lavoro.



Arriviamo al ristorante e non si capisce molto dal menù, ma non importa, certo che tutto è privo di animali ordino un piatto a caso, arriva una piastra bollente con un uovo che soffrigge immerso in un sughetto con carote e altre verdure, affiancato da una bolla di riso, assaggio ed è buonissimo, lo divoro e ci prepariamo a partire.

Saliti sul pulman che ci porterà a Phnom Penh capitale della Cambogia, li mi aspettano Mappi e Lorenzo che hanno prenotato una stanza tripla per economizare ulteriormente il viaggio, e lunedì con Antonio visiterò un progetto di una scuola che insegna a ragazzi di strada HipHop e altre danze, una situazione che antonio descrive come ottima soluzione ma con difficoltà economiche, proverò a fare un video per vedere se al mio ritorno qualcuno vorrà inviare una donazione anche se qui le cose da aiutare sono veramente tante.

Partiamo solite chiacchiere e mille domande e poi dormo un pò e il viaggio continua...

venerdì 28 gennaio 2011

Visita ai progetti intervita ( Seam Reap )



ore sette del ventisei gennaio duemilaundici

Sveglia presto e colazione con Antonio al Blue Pampinks una pasticceria molto particolare nel centro di Siem Reap, mangio due brioches con le mandorle e un tea con ginger e miele buonissimo, poi arriva il furgoncino di Child Rights Foundation con a bordo una delegazione della ONG locale che finanziata da intervita si occupa dello sviluppo del progetto all'interno delle scuole che stiamo andando a visitare nel distretto di Varin ( Seam Reap ).

Propongo qui di seguito la spiegazione del progetto come presente sul sito intervita e confermata di persona da Antonio Piccoli il Country Director di INTERVITA Onlus CAMBODIA.

"A Siem Riep, nel nord della Cambogia, Intervita è impegnata a formare 150 insegnanti di 22 scuole elementari su sistemi di insegnamento positivi che non prevedano punizioni corporali. Con l’appoggio del Ministero dell’Educazione, il progetto prevede la concreta implementazione della Convenzione dei diritti dell’infanzia, che la Cambogia ha ratificato nel 1992, permigliorare le condizioni di apprendimento di 8600 bambini. Oltre all’equipaggiamento scolastico, Intervita ritiene cruciale assicurare a insegnanti, educatori e presidi le basi per avviare u rapporto costruttivo a fianco dei bambini, perché l’apprendimento aiuti la crescita dell’individuo nel suo complesso."

Partiamo con il furgone e percorriamo circa sessanta chilometri per raggiungere la prima scuola Svay Sor School, la strada per il primo tratto è asfaltata, ma ben presto diventa sterrato e a volte incontramo qualche difficoltà nel passare, visto lo stato dei ponti in legno che non garantiscono il sostegno al nostro mezzo, per fortuna c'è sempre una piccola strada che da la possibilità di proseguire, in altri casi il copilota deve scendere per aiutare l'autista a far scorrere le ruote del mezzo nella giusta direzione per passare buche da evitare se si vuole continuare il percorso.

Al nostro arrivo alla prima scuola il direttore ci viene incontro, come per la maggior parte della popolazione in quest'area, anche lui non parla inglese, quindi inchino di rito e poi molti sorrisi, i nostri accompagnatori traducono e ci spiegano un pò di cose.

Qui c'è una struttura un pò più vecchia e una nuova appena costruita e donata da Ms. Takeuchi Akiyo, che da proprio l'impressione di essere stata finita da poco ed in effetti la targa cita l'inaugurazione
Bagno di Svay sor school
avvenuta il quindici ottobre duemiladieci, ci incamminiamo verso le aule e ogni volta che ci avviciniamo i bambini molto gentilmente si alzano ci salutano tutti insieme, poi si siedono e continuano la lezione, ma continuando a scrutare questi strani personaggi che si aggirano nella loro scuola, soprattutto io mi sento osservato per la mia ormai folta barba, particolarità qui in Cambogia, ma mi sorridono tutti quindi non li spavento, continuo a scattare foto alle classi, alla struttura e poi il direttore mi indica i bagni, facendomi capire che ne hanno uno solo per duecento bambini e che è poco, lo guardo, scatto una foto e sicuramente gli credo.





Continuo il giro nella seconda struttura, nel frattempo le delegazioni si scambiano informazioni ed impressioni, io mi imbatto nel pavimento della struttura nuova che purtroppo in alcuni punti si sta già frantumando a soli quattro mesi dalla sua inaugurazione, qualcuno mi spiega che in alcuni casi le scuole vengono regalate al popolo Cambogiano in cambio di appalti nel paese e quindi vengono costruite con un pò di leggerezza, per usare un termine dolce, ma non possiamo affermare che anche in questo caso sia andata così, altra ipotesi è la costruzione tramite imprese Cambogiane che sicure dei pochi controlli sugli appalti non utilizzano le tecniche e i materiali migliori che potrebbero rendere la struttura più solida.

Salutiamo i bambini e ci avviciniamo al furgoncino, salutiamo il direttore e partiamo alla volta della seconda scuola.

Nel tragito vediamo molte scuole, tutte fanno parte del progetto, visto che prevede l'applicazione nell'intera area, non ci fermiamo e proseguiamo perchè le nostre "guide" ne hanno scelte alcune in particolare e non sappiamo qual'e il criterio.

Arriviamo nella scuola di Coh Num, struttura completamente diversa, con le pareti aperte come un gazebo, qui ci sono tre classi che stanno studiando, anche qui ci viene incontro il direttore e facciamo i saluti di rito e poi veniamo presentati ad insegnanti ed alunni che ci salutano con il solito calore, poi iniziano a scrutarci minuziosamente.


Qui gli alunni stanno imparando l'alfabeto e a turno vanno alla lavagna, con una lunga bacchetta segnano le lettere dell'alfabeto khmner e pronunciano una lettera alla volta e l'intera classe lo ripete, alla fine di ogni aluno tutta la classe applaude e si passa all'alunno successivo, poi passiamo ad una visita intorno alla scuola, faccio una foto ai bagni, anche qui uno per tutti ma purtroppo senza acqua, quindi inutilizzabile.




Ci fanno anche vedere il pozzo che fino a poco tempo fa riforniva di acqua la scuola, è stata tolta anche la maniglia della pompa e ci dicono che è secco, ma che il problema maggiore è che in quest'area non ci sono tecnici in grado di controllare se il problema è effettivamente quello o magari è una cosa più semplice da risolvere, si discute un'attimo, Antonio fa alcune ipotesi e spiega alcune soluzioni conosciute da esperienze di altri progetti, poi si arriva alla conclusione che non è sede per capire quel problema ma che serve una più ampia analisi per dare le priorità agli interventi e che verrà affrontato.

Ci stacchiamo dal gruppo e raggiungiamo un piccolo villaggio dietro la scuola, qui ci sono alcuni maiali, galline, bambini e un sacco di cani, soprattutto una cucciolata difesa dalla propria madre.

Facciamo qualche foto alle case, agli animali e al gruppo del villaggio che è riunito vicino ad un albero, poi passa una ragazza in bicicletta ed Antonio fa una battuta e ridono tutti, naturalmente visto che loro parlano solo Khmer e noi no, non ci capiamo ma si ride ugualmente tutti insieme.



In ogni trasferimento parlo molto con Antonio, e faccio mille domande alle quali lui risponde con molta pazienza e come un libro aperto mi illustra il suo punto di vista, è una vita che si muove per aiutare le persone in difficoltà e ne ha fatto una professione, mi ha illustrato molto attentamente i progetti nei quali mi sta dando la possibilità di fare foto e soprattutto di comprendere queste difficili realtà, in ogni discorso sa trovare un aneddoto che riesce a dare una spiegazione razionale, soprattutto mi piace il suo approccio a queste problematiche ponendo in prima battuta la soluzione della reazione nella società civile, l'idea di non riempire la pancia un giorno ma di insegnare a farlo per la vita e in questo progetto specifico di insegnare a chi è figura importante per le nuove generazioni, agli insegnanti, un nuovo rapporto costruttivo a fianco dei bambini, perché l’apprendimento aiuti la crescita dell’individuo nel suo complesso.

Questo approccio mi sembra molto intelligente è anche la filosofia di Intervita, che non da aiuti fini a se stessi ma costruisce percorsi e supporta nel tempo le comunità per crescere e imparare a stare in piedi da sole.

Antonio ha una buona energia, è pieno di passione e fa quello che gli piace, non un uomo fortunato, ma un uomo che ha saputo inseguire con tenacia i suoi obbiettivi, portando la sua professionalità nell'ambito delle cooperazioni internazionali in molti paesi in via di sviluppo.

Tipica abitazione Cambogiana nelle zone rurali


Arrivati alla sede di un'altra scuola ci comunicano che sta arrivando il cibo per il pranzo con una seconda macchina ed io e Antonio ci avviciniamo ad un templio buddista li vicino, passeggiando e continuando a parlare dei progetti e dei loro sviluppi arriviamo al centro del cortile e ci vengono incontro alcuni monaci nella loro uniforme arancione, alcuni sono veramente piccoli.

Uno di loro, forse non un monaco, ci chiede in inglese convinto da dove arriviamo, risponde Antonio, ma capiamo ben presto che era l'unica cosa di inglese che sapeva, ci guardano e ridono, noi ridiamo e ci spostiamo più avanti verso il templio avvistando in lontananza un templio in legno, forse è quello vecchio, scatto altre foto e poi ci chiamano per il pranzo comunicandoci che siamo stati invitati a casa del direttore di una scuola, anche se in realtà il cibo è li con noi.

Arriviamo nella casa e ci sediamo per terra, la casa è molto particolare in linea con le case più nuove della zona, particolare è un tappeto sul quale siamo seduti e ci comunicano che ha settanta anni, in realtà sembra che non ne abbia nemmeno uno per lo  stato di usura che presenta, arriva il cibo e aprono alcune vaschette in polistirolo e alcuni termos, c'è un sacco di cose, ma purtroppo tutte hanno verdure con carne o con pesce e ci sono alcune costine e pesci fritti, mi viene quasi la tentazione di mangiare una costina, pensando che l'animale da dove è stata presa non ha fatto il percorso che io contesto di allevamento intensivo, ma mi si chiude prima lo stomaco e poi si blindano i pensieri, non riesco a scendere a questo compromesso, l'animale non è più un mio alimento, ha comunque provato dolore, prendo solo riso e sorrido perché penso che questo non è assolutamente un problema.

Finito con il riso mangio un pò di banane, buonissime, poi mi invitano a mangiarne altre, loro sono un pò dispiaciuti perché non avevamo detto che sono vegetariano e quindi non c'era nulla per me, ma ringrazio e dico che non è un problema e nel frattempo approfitto per mangiare un'altra banana visto quanto sono buone.

Esco fuori e mentre loro parlano io scatto una foto all'interno del pozzo nel cortile della casa, mi rifletto e continuo a pensare a tutte le cose di cui abbiamo parlato io e Antonio fino ad ora, e ripenso al concetto  di dare a loro la possibilità di risolvere i problemi del loro popolo, una soluzione di supporto alla società civile che mi affascina molto e che tratterò anche più avanti.

Torniamo alla scuola dove ci sarà un meeting per trattare il progetto tra le parti coinvolte, Antonio che non si fermerà alla riunione fa un saluto e poi ci prepariamo a partire, notando una cosa molto particolare, la campanella della scuola è fatta ricavando un missile anticarro ( mi sembra a me ) appeso ad un albero che viene percosso con un tondino di ferro, almeno ora quell'oggetto ha un'utilità anche se a chi ne conosce il principio per cui è stato costruito fa un pò impressione.

Saliamo su un gippone con targa ONG, io continuo con mille pensieri a ragionare a tutto quello che ho visto e sentito oggi, con le orecchie piene, il cervello che macina, nel cuore e negli occhi i sorrisi dei bambini e la speranza che questo progetto li possa continuare a far sorridere perché potranno crescere con un pò più di serenità.

Grazie a tutti i donatori di intervita ed ai suoi cooperanti che si prestano a controllare l'effettivo sviluppo dei progetti finanziati, quello che ho potuto vedere è genuino.

Durante il viaggio di ritorno mi addormento.

k

giovedì 27 gennaio 2011

Cerco di scrivere quello che non vorrei dimenticare...

Ma vado come al solito troppo veloce, per poter lasciare traccia scritta di tutto...

Ore dodici del ventisei gennaio duemilaundici
Ultimo giorno in Seam Reap, ho fato un giro per il mercato con in spalla tutti i miei bagagli, sono divisi nel mio zaino in modo da avere già ben presente le cose che voglio abbandonare durante il mio cammino, un lenzuolo, l'asciugamano, i due libri che ho finito di leggere, la Lonly planet del vietnam, quella della cambogia, un paio di scarpe e alcuni vestiti. Quando sono partito ho messo anche una copia di shiddartha nello zaino convinto che avrei trovato qualcuno a cui donarlo, è in italiano e ho deciso che lo regalerò al figlio di Antonio che ha quattordici anni, spero che apprezzerà come ho fatto io, quella lettura.
Inoltre appena trovo il posto giusto, lascerò la bandiera del Brasile comprata due anni fa sull'isola di Fernando de Noronha e la bandiera della pace che avevo in camera, voglio lasciarle in un templio, in segno di buona fortuna per me e per tutti quelli che potranno osservarla.

Ora che scrivo, mi sono seduto, solo,  in un ristorante indiano, i miei preferiti, un americano mi chiede dove sono diretto, gli racconto un pò del mio viaggio e lui mi racconta che insegna in korea e che ora sta tornando in america forse per una vacanza e ha deciso di fare un giro in questa zona prima di tornare, mi saluta dicendomi che forse ci riincontreremo a Batambang perché passa di li domani e mi augura una buona fortuna.

Come capita spesso mi sono scusato per il mio pessimo inglese e come tanti altri mi ha risposto di non preoccuparmi che sicuramente era meglio del suo italiano.

Mi ha chiamato Antonio ed è ora di partire, non riesco nemmeno a finire il mio Thali, chiedo il conto, quattro dollari, pago e mi carico per raggiungere il bus che ci porterà a Batambang, anche oggi non sono riuscito a raccontare delle serate passate a Seam Reap con Mappi e Lorenzo e Makara il nostro amico TukTuk, delle gare "clandestine" amichevoli, organizzate per divertimento nostro e degli increduli ragazzi cambogiani, abbiamo fatto una gara in Motorino, una in bicicletta e la più bella con i TukTuk, ma forse se non ho scritto è perché non serviva.

Nella serata della gara con i TukTuk avevamo tutti le nostre macchine foto in hotel ad eccezione della inseparabile Ixus che ho sempre nello zaino,bassa qualità ma si capisce cosa succede...


La gara non è stata una vera e propria sfida, io e massimo, dopo che i nostri amici cambogiani si sono fidati a prestarci ( senza soldi ) i loro tuktuk, noi abbiamo fatto un giro turistico e nell'ultimo tratto abbiamo simulato la gara per farli divertire un pò, poi abbiamo offerto da bere a tutti i soliti quattro litri di birra.

Io e massi abbiamo anche passato una nottata cambogiana con Makara il nostro amico tuktuk e suo fratello, ci ha portato in una discoteca frequentata solo da cambogiani, hiphop e delirio che mi ha ricordato quando avevo sedici anni e andavo in discoteca, poi via di li siamo andati in un locale notturno tipo autogrill, anche questo solo per local, i menù e il personale non parla nemmeno inglese, abbiamo mangiato qualche cosa, parlato con altri avventori ( con la traduzione della nostra guida ) e poi siamo andati a dormire felici di aver avuto la possibilità di vedere questi ambienti lontani dalle rotte dei turisti.

K

martedì 25 gennaio 2011

La Pace

Dodici e ventiquattro minuti del ventitré gennaio Duemilaundici ( angkorWat )

Osservare per comprendere.
Comprendere per interpretare.
Interpretare per agire.
Agire per vivere.
Vivere in pace…

Il tentativo costante di trovare una strada "giusta" mi spinge a percorrere strade all'apparenza infinite, come con la fotografia, cercando le inquadrature si visualizano più cose, si sceglie poi quale è il momento di aumentare la pressione dell'indice e permettere allo specchio di alzarsi e alla luce di fermare quel frame che si ha davanti agli occhi, fotografia per me è quindi osservazione, comprensione, interpretazione, azione, vita…

Tutto ciò che sfugge ad un obbiettivo ( che non è persona capace di dare il giusto peso alle cose ) sembra non avere memoria, anche se al contempo, quello che viene immortalato ha solo una memoria osservata, compresa ed interpretata soggettivamente dall'azione dell'autore, può spesso, con maggiore rilevanza quando esiste una connotazione artistica avere al suo interno una sensazione, ma rimane una sensazione soggettiva.

Esercizio complesso anche quello di destrutturare il tentativo di pace nella fotografia.

Giorni pieni e complessi, immagazzino una moltitudine di immagine ed informazione che cerco di organizare per tenere memoria, Riccardo giustamente mi suggeriva che le cose vanno prima vissute e poi raccontate, forse dovrei imparare solamente a prendere brevi appunti.Il pericolo è di perdere i dettagli, di non ricordare bene e di lasciare che le esperienze successive modifichino i ricordi passati.
Cercherò di portarmi a pari nel nuovo viaggio in bus ( cinque ore ) che mi aspetta a breve, da Seam reap a Batambang.

Grazie a Massimo, Lorenzo, Alessandro, Antonio, Gli amici TukTuk, Quyen & Duong, i Bambini incontrati negli orfanotrofi, quelli incontrati per strada.

Grazie alle persone che mi aspettano a casa.

Grazie a chi legge queste parole.

Grazie a tutti per darmi la possibilità di vivere questa esperienza.

Grazie anche alla parte di me, che non molla mai.MAI...

K...

Alunna della scuola Svay Sor di Siem Reap nel distretto di Varin

lunedì 24 gennaio 2011

Angkor wat

PRIMO GIORNO: ore dodici e cinquantatré minuti del ventitré gennaio duemilaundici Angkor Wat Temple 

Mi trovo a ridosso del più grande complesso archeologico della cambogia e sccondo il guinness di primati il più grande del mondo, ho pagato quaranta dollari per entrare all'interno dell'area per tre giorni anche se penso che mi fermerò solo due ma il prezzo era identico.

Purtroppo la notte di ieri è stata una notte insonne e questa mattina mi sono alzato con fatica alle dieci e non alle cinque come previsto.
Esco dall'hotel e prendo il primo tuktuk per recuperare il ritardo e tratto un viaggio sola andata per Angkorwat, due dollari e partiamo, dopo dieci minuti circa arriviamo, mi fanno una foto e mi stampano un biglietto personalizzato con la foto e si riparte per avvicinarci al primo tempio, il più grande.

Inizia il incammino e scatto le prime foto, intorno c'è un grande lago o fiume, non si capisce, poi mucche e scimmie e ancora turisti cinesi e giapponesi a frotte, sembrano l'attrazione più grande, ma come posso contestare, visto che anche io sono un turista che scatta un sacco di foto.

Qui inizio di nuovo a pensare al concetto di "turista" rifiutandolo e camminando mi innervosisco vedendo i turisti che danno le caramelle alle scimmie, mi abbasso e scatto qualche foto ai nostri primogeniti, per poi avvicinarmi alla prima parte del tempio, qui il poco rispetto dei presenti per ciò che è significato e dovrebbe significare ancora mi destabilizza ulteriormente, immagino chiudendo a volte gli occhi cosa accadeva qui durante la costruzione e nei secoli successivi, cerco di immaginare il panorama rendendomi conto che la vegetazione non va tenuta in considerazione se non per qualche albero che al tempo era solo un piccolo giovane albero. Continuo il mio percorso e mi siedo ogni tanto per toccare le pietre, per scattare foto, per immaginare il passato e per attraversare con calma questo luogo, per fortuna scopro che è veramente immenso e i turisti per fortuna non riescono a riempire ogni spazio, oltre al tempio principale ce ne sono altri minori, mi avvicino ad uno di questi e mi siedo per una mezzora, il tempo è bello, sole caldo e qualche nuvola che ogni tanto da respiro dal calore, il tutto accompagnato da grandi soffi di vento… mi è venuta fame ma purtroppo mi sono dimenticato anche i biscotti e il the comprati appositamente.


Allungo lo sguardo e vedo bancarelle, mi avvicino e mi propongono anche cibo, mi siedo e inizia anche un stressante trattativa per un vestito che non voglio, parte da diciotto dollari per arrivare a cinque, ordino sprint roll Kemner che sono vegetariani e una angkor beer, attendo sotto gli occhi pesanti di una persona stanca, la venditrice di vestiti che mi ha seguito e si è seduta davanti a me, mangio gli spring roll e bevo la birra, scrivo questo testo ed osservo il panorama alle mie spalle, AngkorWat riflesso in una delle piscine che lo circondano.




Chiudo il mac per finire di mangiare, finire la birra, comprerò i pantaloni almeno è contenta, li regalerò a qualcuno, alla fine non sono male e poi mi incammino verso la seconda parte della mia visita.


Ho camminato poco e mi sono ritrovato in una pagoda, monastero buddista e orfanotrofio, qui vengono ospitati bambini provenienti da villaggi vicini e gli viene insegnato l'uso di alcuni strumenti, anche se di principio l'idea è buona, non mi piace molto in questo contesto di sito turistico, i bambini sono seduti che attendono il passare dei turisti e un cartello chiede delle offerte, l'immagine mi ricorda uno zoo dove è in mostra quello che non vedi vicino a casa tua, volevo fare un video per farlo vedere anche a chi legge, ma il combattimento per la privacy, la non omologazione e la volontà di non apparire come tutti gli atri personaggi che mi circondano mi impedisce di scadere nel solito versamento di un'offerta per poi girare un video, nulla di diverso dai diritti televisivi occidentali, qui comprati a basso costo come ogni altra cosa. Metto un'offerta e faccio la foto solo al cartello.

Ora sono seduto al centro del cortile della pagoda e intorno a me non c'è nessuno, oltre alle poche parole per la contrattazione di prima e l'ordine al ristorante non ho parlato ancora con nessuno e non ho intenzione di farlo, ascolto gli uccelli che sembrano unirsi alla musica dei bambini che inizia con il passare di ogni turista, inoltre per la strada decine di bambini cercano di vendere qualsiasi cosa, cartoline, cappelli, magliette, quadri e assillano chiunque passi.

Mi sono addormentato tardi e svegliato presto mi sento un pò stanco, rimango qui un pò ad osservare la pagoda piena di dipinti e le nuvole che scorrono lentamente sopra di me….

Il giro per concludere il primo templio prosegue senza nessuna situazione da descrivere, scatto foto, penso ed osservo attentamente i particolari dettagli di queste magnifiche costruzioni.

Esco da AngkorWat e ancora una volta decine di tukTuk mi assalgono per darmi un "passaggio", rifiuto gentilmente e mi incammino su un lungo viale attraversato da un sacco di motorini, tuktuk, biciclette e qualche pullman carico di turisti in gita organizzata, la strada è lunga ma piacevole, cammino scattando qualche foto e decido di fare un'altro autoscatto, uso la macchina fotografica piccola montata sul mio monopiede, sorrido al pensiero delle persone che mi vedono.

Scatto e proseguo.

Finito il giro non avendo voglia di tornare a piedi, ho incontrato due ragazze alle quali ho fatto una foto mentre una fa la foto all'amica che salta da un pezzo di roccia, poi ho chiesto a loro se avevano il TukTuk per Siem Reap, mi hanno detto di si e gli ho chiesto un passaggio, ci siamo conosciuti e ho scoperto che sono Vietnamite, ho spiegato che ero a HCMC per l'adozione di Alice Minh con la family e gli ho fatto vedere le foto dal portatile.


Ci siamo incamminati verso il TukTuk e abbiamo fatto qualche altra foto compresi due autoscatti tipici da turisti, ci tenevano ad avere una foto con l'amico italiano che hanno conosciuto in Cambogia.



Autoscatto e poi via di TukTuk verso l'hotel, mi hanno lasciato sotto l'albergo e salutando sono andate via, mi hanno lasciato la mail e mi devo ricordare di mandare le foto che abbiamo fatto.
Felice di aver fatto anche questa conoscenza.

Ore venti e ventidue

Dopo aver fatto due ore di skype con l'Italia decido di andare a mangiare, e questa sera vorrei provare a cambiare, trovo un ristorante particolare che ha su ogni tavolo una piastra ad induzione dove mettono una bacinella con del brodo, poi si ordinano gli ingredienti che si preferiscono, che nel mio caso sono stati babycorn, funghi shitaky ( quelli che ha milano abbiamo preso e costavano quarantasei euro al chilogrammo) e altre verdure, buono ma mi sa che domani mangio all'indiano che è meglio.

Finito di mangiare cerco di scoprire dove sono le migliaia di turisti che di giorno popolano i templi, chiedo ad un TukTuk e mi porta per il solito dollaro in bar street, migliaia di turisti ovunque, per fortuna non sembrano stile alpitour ma comunque non troppo differente da Rimini di dieci anni fa, sono per la maggior parte del nord europa, giappone e korea ( a prima vista ).

Passeggio un pò e chiecchero con qualche venditore , ma sono un pò stanco cercare di intendere e spiegare cose in inglese, mi giro verso l'interno di un bar e sento due italiani che stanno discutendo di alcune ottiche canon, mi interessa l'argomento, mi sembrano persone interessanti, mi avvicino, chiedo se posso sedermi e mi unisco alla discussione davanti ad una birra.

I personaggi sono tre, Alessandro vive tre mesi qui e tre mesi in Italia, qui lavora per una ONG in un orfanotrofio, Massimo detto Mappi è stato qui l'anno scorso e ha scattato alcune foto, tornato in italia ha fatto un calendario e ha raccolto tremiladollari circa , quest'anno è tornato a portarli in un orfanotrofio al quale vorrebbecomprare una terra, non è un percorso facile ma ha fiducia nel fatto di riuscire a travore i soldi e fiducia nelle persone che vuole aiutare sul fatto che faranno buon uso dei suoi doni ed il terzo è un fotografo che accompagna il Mappi per fare un reportage Lorenzo.

Mi accorgo sempre più che questo popolo di persone che aiuta chi è in difficoltà è ampio, non mi trattengo però dal sollevare la questione che Stefano a Kon Tum mi ha fatto venire i mente e pongo a loro il quesito, se non è forse vero che chi viene in Asia ad aiutare le persone che hanno "bisogno" in realtà non lo faccia per se stesso, non attendo risposta e io ammetto di essermi reso conto che io aiuto gli altri per fare del bene a me stesso. Mappi dice che anche lui ha questo dubbio, ma che se tutti per stare bene aiutassero il prossimo, sicuramente il mondo sarebbe almeno un pò migliore.

Poi ci viene in mente il telefilm del tipo con la lista di cose da aggiustare per il suo karma e scoppiamo tutti a ridere.

Conosiamo in quel bar anche Davide che gestisce con un amico spagnolo una guesthouse in città, e poi un tuktukman che domani mi deve portare a continuare il giro nei templi, tratto per la giornata di domani e inserisco anche un passaggio a casa per questa sera, per non farlo annoiare nell'attesa lo invitiamo al tavolo con noi e gli offriamo prima una coca e poi coca&wisky.

Le birre si moltiplicano e l'ora si fa tarda, decidiamo di andare a casa, domani appuntamento alle Sedici per andare all'orfanotrofio dove lavora Alessandro e la sera si cena nella guesthose di Davide, lunedì si va invece all'altro orfanotrofio, ho aggiunto tappe al mio viaggio e ne sono contento, loro mi raggiungeranno poi settimana prossima nella capitale da dove probabilmente si parte per la Thailandia verso il nord a visitare alcuni villaggi interessanti, escludendo però l'idea di Mappi di andare sul confine della Birmania a vedere gli eserciti schierati, visto che ultimamente sono state arrestate molte persone scambiate per dissidenti Birmani in fuga.

Ora cerco di riposare almeno un'oretta


Notte. K

SECONDO GIORNO : Ore cinque e venti del ventitré gennaio duemilaundici

Mi suona la sveglia e la spengo poi mi chiama la recep per avvertirmi che il mio tuktuk mi sta aspettando, purtroppo io mi riaddormento e mi sveglio alle sette, accorgendomi che l'amico della sera prima è andato via, lo chiamo al cellulare e lui ha già un altro cliente, ma non importa, faccio una grossa colazione in hotel e poi esco.

Contratto con un'altro tuktuk e per dieci dollari mi porterà in giro tutto il giorno, partiamo e gli dico cosa ho visto ieri, il cielo è coperto e c'è una cappa di caldo, tengo la macchina fotografica nello zaino perché la luce è pessima per fotografare, visitiamo i primi templi e poi ne scelgo uno un pò isolato.

Ora mi trovo qui, sono le dieci e venticinque e sono seduto su uno dei punti più alti del templio con le gambe incrociate a scrivere, alcuni passano e mi chiedono cosa faccio, ho detto che scrivo, ma mi sa che hanno capito che faccio lo scrittore e una coppia di giapponesi mi hanno voluto fare una foto, forse come dice bea, il piccolo Kucciolo di Buddha e aggiungerei tecnologico, qui c'è una pace assoluta, passano pochissimi turisti e il templio mi inspira voglia di scrivere, anche se in realtà mi sono incastrato in un racconto che mi sembra troppo dettagliato e non so nemmeno per quale motivo, una narrazione che molto probabilmente terminerò a breve per tornare a fare più analisi cercando di esprimere più brevemente i concetti che vorrei condividere.

Ogni tanto esce uno spiraglio di sole ma è debole e poi scompare, scatto qualche foto, oggi in bianco e nero, poi raggiungo il tuktuk e cambio templio, magari nel prossimo scrivo qualche cosa di diverso.

Un saluto

Pubblico due foto ma ne ho scattate tante, le devo rivedere per scegliere come esporle. k





PS: ho bevuto troppe birre ieri, da oggi abbasso la media perché voglio essere più lucido e avere meno peso in testa e nello stomaco.


domenica 23 gennaio 2011

Il viaggio da HCMC a Siem Reap

Dal Việt Nam alla Cambogia, da Saigon a Siem Reap  Cinquecentotrenta chilometri circa.

In viaggio. ore tredici e ventotto minuti del venti gennaio duemilaundici

Questa mattina sveglia presto, il sonno non è stata cosa facile, dai rumori che si sono sentiti tutta notte mi sa che l'hotel duna di HCMC è un bordello o un motel a ore, io chiuso nella mia stanza senza finestre ho sentito un continuo salire e scendere di scale e aprire e chiudere di porte.

Non riuscendo a dormire ho continuato quella che ormai è diventata una questione di principio e una sfida, superare i blocchi imposti dal governo Vietnamita sulla navigazione Web, esempio per tutti, il dominio di facebook è impossibile da risolvere e quindi da visualizzare, oltre a twitter & co. 

Dopo aver provato varie strade, da noIP a Tor, e dal tentativo di utilizzare il mio mac in ufficio tramite desktop remoto ho chiesto supporto ad Amerigo che da un paio di giorni sta pensando alla soluzione.

Nella notte abbiamo predisposto un Tunnel VPN per far transitare la mia connessione dal suo router di casa sua vicino a Milano, ma anche questo non ha dato risultati, tranne la possibilità di tracciare una rotta tramite terminale che determina l'effettivo funzionamento del tunnel. Ma la navigazione non c'è ancora modo di farla funzionare, abbiamo proceduto con l'installazione di un proxi per il traffico web, ma nulla.

Alle ore tre comprendiamo che il problema può essere nel conflitto di indirizzi ip tra la rete di Amerigo e quella dell'hotel, amerigo cambia il range di ip della sua rete ma nulla.

Decido di hackerare il router dell'hotel, provo le combinazione di routine ( >admin,admin<>admin,pass<>admin-password<) ma nulla, controllo la marca del router, scarico il manuale e trovo la combinazione di default ( admin-12345 ) è quella giusta ed entro per fare un cambio del range di ip del DHCP, ma penso che sia inutile, provo a cambiare i DNS, metto quelli di telecom, ma sono stanco e non mi vengono più idee…. saluto amerigo e cerco di nuovo di dormire, devo svegliare fra poche ore.

Ore sei e mezza suona la sveglia, mi preparò rapidamente e abbandono questo postaccio, raggiungo l'appuntamento per la partenza in Bus, alla fermata un Vietnamita/Americano vestito bene che mi dice che dobbiamo prendere un taxi perché il Bus non passerà di li, non capisco bene il perché ma lo seguo e facciamo meno di un chilometro raggiungendo l'effettiva partenza della corriera per la Cambogia. Qui ci attendono una decina di persone, local e pellegrini che zaino in spalla mi assomigliano un pò tutti, a prima vista la differenza sta nei tratti somatici e nel colore del grosso zaino che abbiamo sulle spalle, mi unisco a loro, cambio il ticket del bus, scoprendo che faremo una fermata per cambio mezzo a Phnom Penh la città dove vive Antonio, cooperante di Intervita associazione con cui settimana prossimo visiterò i progetti di recupero e supporto della popolazione Cambogiana, forse avrei dovuto invertire il giro per fare un pò meno strada, ma penso che ormai è tardi e l'idea di andare ad Angkor Wat e dintorni con calma per due giorni mi alletta molto.

Salgo sul pullman e mi addormento.
Mi sveglia il tipo che ci accompagna, bisogna compilare alcuni documenti per l'ingresso in cambogia e la richiesta di visto, mi guardo in giro e avrò dormito cinque minuti, siamo poco lontani dal centro di HCMC, compilo tutto, do a lui i soldi del visto e il bus frena di colpo, una ragazza è capicollata per terra con il suo scooter vicino a noi, con grande maestria una ventina di altri ciclomotori la schivano e si fermano ad aiutarla, la ragazza sta bene e non proseguiamo il viaggio.

Leggo un pò, - Polli per sempre -, questo è il viaggio per quel libro che a Milano riesco a leggere due pagine alla volta, qui lo finisco sicuramente prima di arrivare a destinazione visto che sono previste dodici ore di viaggio, mi addormento nuovamente e sogno polli da tutte le parti.

Mi sveglio di colpo, un'altro incidente, a questo motociclista deve essere andata peggio, è già stato portato via, ma la motocicletta è distrutta, incastrata sotto un'altro bus, procediamo e la nostra guida ci avverte che siamo sul confine tra Vietnam e Cambogia, a breve bisogna prendere tutti i nostri bagagli per attraversare a piedi il confine all'interno delle due frontiere.
Nella frontiera Vietnamita, mi annullano il visto e mi segnano l'uscita, mi ero dimenticato che il visa era per un solo ingresso, e se avevo pensato che magari potevo tornare da queste parti con un aereo interno, ora è definitivamente chiuso il capitolo Vietnam di questo viaggio, ringrazio, sorrido, saluto e proseguo a piedi verso la seconda frontiera.

Qui la guida del bus è molto gentile e mi ha fatto il visto, penso che sia una cosa di routine della agenzia trasporti compresa con due bottiglie di acqua nei diciotto dollari del viaggio.

Quando arrivo davanti al tipo dell'immigrazione però a differenza di tutti gli altri che ci mettevano un paio di minuti, a me non mi fa passare, ma nemmeno mi dice niente, chiama un'altra guardia e si parlano, penso già che sia per la foto che ho sul passaporto, pelato e senza barba un pò diversa da ora, capelli e barba lunghi, si consultano, chiamano il terzo, mi fanno una foto con la webcam ( forse di prassi ) e poi mi accompagnano in una stanza con scritto "Quarantine", non capisco e loro non parlano inglese.

Passano dieci minuti e arrivano altre persone e un tizio in divisa, poi ci accompagnano in un’altra stanza, un tipo controlla di nuovo i passaporti, uno alla volta, ci scruta, mi sembra un Comunista di vecchio stampo, stanco ed annoiato.

Arriva i mio turno, mi guarda e ride, penso io, -che cazzo ti ridi -, ma non dico nulla, forse non è il caso, poi dice : Fidel Castro e scoppia in una risata, rido anche io e mi accompagnano all'uscita.

Risaliamo sul Bus mi tolgo lo zaino e scendo a fare la prima foto cambogiana, al bus e alla frontiera, qui cercano di venderci di tutto e di cambiare denaro, rifiuto, sospiro e torno sul bus, guardo gli altri passeggeri ma non ho voglia di parlare con nessuno, riprendo a leggere e poi mi riaddormento.


Siamo nel Regno di Cambogia.





Ogni tanto mi sveglio e scatto qualche foto, leggo, mangio qualche biscotto e poi mi rimetto a dormire, nel frattempo il bus si ferma e ci danno la possibilità di mangiare in un "autogrill" ma ho mangiato troppi biscotti e non ho fame, anche perché sembra che la specialità sia polli e anatre, continuo a leggere.

Mi sveglio dopo l'ennesimo pisolino e mi accorgo che davanti a noi c'è un fiume molto largo e intuisco che il bus sta salendo su una chiatta per attraversarlo, davanti a noi qualche camion e altri bus, mi prende l'attenzione una macchina extracarica di polli e oche, stipate su più piani e con il muso sofferente, che fanno un verso strano con il becco, scendo a fare due foto e poi risalgo sul bus, il fiume è passato e io decido di mettermi a scrivere, forse nel momento più sbagliato perchè sembra che l'asfalto sia finito e prendiamo una grande strada sterrata, la nuvola di sabbia avvolge tutto e ai bordi tutti hanno mascherine, percorriamo una decina di chilometri, forse meno e ora che scrivo riprendiamo l'asfalto, manca poco alla prima destinazione, il paesaggio è simile a quello vietnamita, con la differenza di alcuni templi sulla strada e di costruzioni leggermente diverse.


Siamo in una infinita pianura spezzata dai piccoli negozi variegati a bordo strada, maculata di risaie e arricchita con negozi di statue e statue sparse davanti ad ogni casa, solo ora si vedono i primi palazzi, forse siamo arrivati, spengo il mac e mi concentro sul paesaggio. K- ore quattordici e diciassette-




Ore Quindici

Sono arrivato a Phnom Penh e ho fatto cambio bus, ho preso da mangiare e da bere cercando di adattarmi a questa nuova moneta, non sono riuscito a trovare una Sim Card, visto che qui quella vietnamita non funziona più.
Si parte fra una trentina di minuti ma non vorrei allontanarmi troppo, qui i pellegrini sono ancora di più, su questo bus principalmente donne Giapponesi, sembrano essere facoltose, poi inglesi e irlandesi, qualche cinese e pochi local.

Niente Wireless free, quindi metto via il mac…. k 

Ore Ventuno e zerodue minuti

Sono ancora sul Bus, il viaggio sembra essere più lungo del previsto, nella prima parte del secondo Bus avevo come compagna di sedile una ragazza di non so bene quale nazionalità, sentendola al telefono sembrava cambogiana, ed aveva un borsone in mezzo alle gambe che la costringeva a tenere le gambe verso il corridoio, essendo anche molto esile non era per nulla ingombrante, ma quando è scesa è salita una donna cambogiana di una certa eta e di una certa stazza, mi limita lo spazio e devo dire che dopo quattro ore di viaggio mi inizia ad infastidire, soprattutto perché ci sono altri posti liberi e fa caldo.

Abbiamo fatto circa quattro soste per pisciate ed abbeveraggi vari dove ho sgranchito le gambe e dove ho aperto lo zaino che ho nella stiva per prendere l'antizanzare, da quando è calato il sole ogni sosta è stata sempre più piena.

Da quando è calato il buio non si vede più nulla del paesaggio ma per mia fortuna dal mio lato del bus c'è la luna, Piena, splendida e magica come al solito, sono anche riuscito a fare un video che dopo controllerò mi sembrava molto nitido anche se non è facile fare riprese alla luna da un bus in corsa su una strada semi-asfaltata.

Frame del video della Luna

L'aria nel bus inizia anche ad essere un pò viziata e la compagna di sedile che sembra la manager di pool pot, continua a ricevere telefonate in continuazione, allargandosi ogni volta per tirare fuori il cellulare, poi pronuncia una serie di versi incomprensibili e attacca.

Comunque anche se non si vede nulla dovremmo essere abbastanza vicini, dicono manchi un'ora a Siem reap, io necessito di una doccia urgente che spero che sia all'altezza delle immagini del sito da dove ho prenotato l'hotel, dopo la notte passata nel bordello da diciotto dollari, vediamo com’è questo quattro stelle da dodici dollari e cinquanta.

L'hotel è veramente un quattro stelle, ho verificato dalla mail e non capisco se sbaglio io oppure c'è qualche cosa che non va in booking.com ma non costa dodici ma trenta dollari, ma non mi importa, devo recuperare in un letto decente almeno per una notte, poi domani si vedrà.

Fa caldo questa notte nel regno di cambogia… e mi sta venendo di nuovo fame, speriamo che quando arrivo facciano ancora da mangiare.

Dopo quindici ore di viaggio arrivo a Siem Reap, scendiamo dal Bus e un Pellegrino Inglese mi propne di dividere con lui un TukTuk, tipico mezzo di trasporto Cambogiano fatto da uno scooter o moto con attaccato un carrellino tipo calesse, ma io devo andare dalla parte opposta, mi si avvicina un ragazzo dicendomi che lui ha rotto il suo tuktuk ma oggi è in moto, gli chiedo quanto vuole per porartarmi al mio hotele mi chiede un dollaro, gli dico che va bene, salgo sul suo motorino dietro di lui, carico di tutti i miei bagagli e ad un velocità moderata prendiamo la strada asfaltata verso l’hotel.

Durante il viaggio mi spiega cosa sono le cose che incontriamo e risponde alle mie domande sul luogo, ,mi dice che il mio hotel è troppo costoso e che se voglio mi porta in quello di suo zio per dodici dollari, ma ormai ho prenotato e altrimenti me lo fanno pagare ugualmente, poi mi propone varie gite per il giorno dopo, ma ringrazio e arrivati all’hotel prendo il suo biglietto da visita e lo saluto.

Salgo in hotel, sembra bello e quando entro nella camera mi stupisco, è una suite, con salotto, camera da letto matrimoniale , bagno con vasca idromassaggio e doccia a parte, ringrazio il tizio che mi ha accompagnato e mi scarico delle valigie per buttarmi un’attimo sul letto.

Dopo poco mi alzo perchè la fame mi sta assalendo, esco dall’hotel e mi dirigo verso la strada principale dove acquisto la simcard cambogiana e chiamo in italia, poche parole e finisce il credito, almeno sa che sono arrivato.

Poi mi rifugio in un ristorante Indiano e mangio riso basmati bianco, spinaci, lentiche ed erbette, mi è sembrato il cibo più buono di sempre, pago tre dollari e torno verso l’hotel.

In hotel la connessione non funziona, necessitavo di due cose, un buon letto e una connessione decente, ora ho una camera gigante, inutile e senza una connessione.

Poi nel letto mi vengono un pò di paranoie, penso a come da Pellegrino posso stare in una camera così grande, ma ormai ci sono e cerco di riposare, l’unica cosa che mi conforta è che queste strutture che non fanno comunque parte di catene europee o americane come quelle che ci sono in Vietnam ( Sheraton o altro ) danno da lavorare a tanta gente, avendo due persone all’ingresso, due dietro al banco, tre facchini ecc… ma forse è solo una scusa per sentirmi meglio, comunque rientrava nel mio budget e ormai è tardi, cerco di dormire e di sognare qualcosa che ricordi il passato di questa terra, almeno il letto è comodo.

K